Sai quali contenuti sono adatti ai tuoi bambini?

30.10.2021
articolo paura

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📺Molte famiglie domani si ritroveranno davanti alla TV per godersi insieme un film di Halloween🎃🎞️, come vuole la tradizione, ma sai quali sono i contenuti adatti ai tuoi bambini?🤔

👩‍⚕️La psicoterapeuta Francesca Cadeddu, che è anche una delle nostre mamme Chatterbox💖, afferma che seguire le raccomandazioni delle case cinematografiche sui limiti di età potrebbe non essere sufficiente.💬

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Per quanto riguarda i film, attenersi alle raccomandazioni date dalle stesse case cinematografiche rispetto ai limiti di età potrebbe non essere sufficiente, in quanto, anche i cartoni che si trovano sulle varie piattaforme possono presentare contenuti inadatti allo sviluppo dei bambini, ad esempio perché eccessivamente violenti e cinici. Alcuni di essi sono infatti creati per un pubblico adulto. 

Il consiglio è quindi quello di attuare sempre una supervisione, di non abbandonare il bambino alla visione di qualsiasi contenuto, perché rassicurati dal formato “cartone animato”. 

La presenza del genitore è inoltre fondamentale per rispondere alle domande del bambino ed eventualmente sostenerlo e rassicurarlo difronte a temi o immagini che possono turbarlo, specie se più piccolo. 

Allo stesso modo, è opportuno evitare di lasciare il bambino da solo di fronte alla TV. Anche nel caso del telegiornale è necessaria la presenza di un adulto che possa spiegare, rassicurare, di fronte alla narrazione di fatti di cronaca che il bambino non è in grado di interpretare. Infatti alcune notizie e immagini possono provocare turbamento, e laddove c’è un “buco” di senso rispetto a tali eventi, il bambino tende a riempirlo con la fantasia, e talvolta gli scenari che si crea possono non essere funzionali al suo sereno sviluppo.

Riguardo la narrativa, invece, io credo che le fiabe classiche, che spesso presentano all’interno anche contenuti cruenti possano essere lette (oggi anche in versioni adattate più comprensibili per bambini più piccoli), fin da subito. Le fiabe nascono dall’inconscio collettivo e sono funzionali ad elaborare i vissuti e anche le emozioni più scomode attraverso la trama e i personaggi; è una maniera di elaborare temi che sono presenti nella realtà sia esterna che interna al bambino e le sue fisiologiche paure; il bene e il male che il bambino percepisce anche dentro di lui, gli ostacoli e la possibilità di affrontarli, e il finale in cui tutto viene risolto in qualche modo sono gli ingredienti che curano. 

Il racconto diventa così esso stesso soluzione ai timori dei bambini. Creare spazi per narrare la paura permette al bambino di simbolizzarla identificandosi con il protagonista della storia. La compartecipazione di tutto sé stesso all’avventura del personaggio principale rafforza nel bambino il sentimento di poter affrontare le proprie paure.

Altro sarebbe esporre i bambini agli stessi contenuti attraverso le immagini: mentre il narrato permette loro di costruire immagini comunque sostenibili, perché create dallo loro struttura mentale, l’esposizione alla rappresentazione visiva (ad esempio, del lupo che divora la nonna o del cacciatore che taglia la pancia del lupo) sarebbe invece potenzialmente traumatica, perché legata a circuiti diversi, non più a quelli immaginativi. 

Un’ immagine scioccante provoca infatti delle risposte psicofisiologiche particolari e il rilascio di ormoni che favoriscono la “cristallizzazione” all’interno delle reti neurali di quelle stesse immagini e dell’emozione ad esse associata, rendendone difficile l'elaborazione.

In parole semplici, il cervello non è in grado di processare quelle immagini e la forte risposta emotiva che ne deriva attiva gli stessi meccanismi che il sistema nervoso mette in atto quando ci si deve difendere da un pericolo, mettendo il corpo in uno stato di tensione che lo prepari all’attacco o alla fuga. Allo stadio più estremo potrebbe verificarsi una dissociazione di coscienza dal momento presente, allo scopo di preservare l'integrità psichica dell’individuo.

Questo processo, che in fase di emergenza difende il sistema, può produrre la successiva inaccessibilità ai processi adattivi della mente rispetto ai contenuti scioccanti, alla possibilità che vengano elaborati, processati, quindi, per così dire, sciolti in modo che non siano più disturbanti.

Alcuni studi relativi agli effetti di immagini violente nei bambini dimostrano che una sovraesposizione ad immagini shock induce comportamenti aggressivi verso gli altri e verso sé stessi e che l’esposizione ad immagini forti produce uno stato di eccitazione del sistema nervoso che difficilmente si placa quando si spegne la TV o il videogioco. Questa carica, accumulata e non elaborata, può assumere forme di aggressività auto-diretta e in risposta difensiva, portare ad una desensibilizzazione rispetto alla sofferenza dell’Altro e alla violenza.

Sappiamo, inoltre, che il bambino impara a confrontarsi con la realtà attraverso il processo imitativo, e a differenza dell’adulto non è in grado di distinguere perfettamente tra realtà e finzione.

Altri studi hanno inoltre evidenziato che il sottoporsi a scene di violenza genera un clima di paura e terrore e una visione pessimistica. Nella mia pratica clinica non è stato raro, infatti, incontrare bambini con forte ansia e attacchi di panico dovuti a diverse ore di esposizione a videogiochi violenti.

Il bambino esprime il proprio malessere in modi diversi dall’adulto, anche perché spesso non possiede, o possiede solo in maniera parziale, la consapevolezza del motivo del suo disagio. La sua paura può essere silenziosa e manifestarsi in maniera indiretta, attraverso una marcata mancanza di curiosità ed energia, difficoltà ad allontanarsi dagli adulti, e apatia. In altri casi i sintomi possono essere opposti: il bambino appare particolarmente irritabile e lamenta sintomi fisici quali mal di testa, mal di pancia, soffre di disturbo del sonno e regressione rispetto al controllo degli sfinteri o enuresi notturna (fa la pipì a letto), specie nei più piccoli. Possono manifestarsi altresì capricci ingestibili, aggressività e oppositività.

In questi casi è opportuno favorire l’espressione del bambino, mostrandosi comprensivi rispetto ai suoi aspetti emotivi. Spesso si tende a minimizzare le sue paure, con intento riparativo; egli ha invece bisogno di sperimentare comprensione per quello che prova e di non vergognarsene. Attivare la narrazione della paura attraverso la verbalizzazione o anche aiutandolo ad esprimerla attraverso la rappresentazione grafica, con il gioco simbolico agevolano l’elaborazione e l’integrazione dell’esperienza. Nei casi che perdurano nel tempo è opportuno chiedere l’aiuto di uno specialista.

Per proteggere il bambino dall'esposizione a contenuti che potrebbero interferire con il suo percorso di crescita e con la sua serenità emotiva è quindi fondamentale mettere in atto delle azioni preventive secondo quanto detto sopra e sensibilizzare a tal fine tutte le figure che stanno con il bambino e che lo supervisionano.

Ricordo inoltre che, oltre alla TV classica e alla TV on demand, i bambini hanno spesso a disposizione telefoni cellulari e altri dispositivi come tablet e PC, dei quali usufruiscono autonomamente. 

In queste piattaforme non è tutto sotto il nostro controllo perché oltre ai contenuti che selezioniamo sotto forma di scelta, esistono contenuti in modalità “push”, come pubblicità e suggerimenti che possono non essere inerenti al tipo di fruizione, o, se il dispositivo è di proprietà di un adulto, selezionati in base ai gusti e alle abitudini di quest'ultimo.

E' quindi fondamentale attivare tutti i sistemi di parental control a nostra disposizione ma, in ogni caso, apporre sempre una supervisione. Ricordiamoci che spesso per i bambini ciò che rende più o meno traumatica un’esperienza negativa, è la possibilità di essere contenuti in quel momento, attraverso la sintonizzazione con un adulto che aiuti a ripristinare i livelli di equilibrio del sistema nervoso e a rielaborare quanto esperito.

Suggerisco inoltre di inserire il momento dedicato alla visione di video in  un tempo preciso durante la giornata, in modo che non diventi un rifugio al quale il bambino può accedere in qualsiasi momento, in modo da evitare la dipendenza che facilmente si può creare.

Dott.ssa Francesca Cadeddu - Psicoterapeuta

Credits: Batmad.it